Una delle conseguenze della attuale pandemia è un diffuso senso di angoscia e paura che si ripercuote inevitabilmente anche sulla qualità del sonno. Ma alcuni accorgimenti possono aiutarci a riposare meglio.

Ansia e depressione sono disturbi già molto diffusi nella nostra società ma la loro incidenza, purtroppo, è aumentata considerevolmente da quando la pandemia di COVID-19 ha stravolto le nostre vite…e i disturbi del sonno ne sono spesso una conseguenza.

Si stima che più della metà della popolazione italiana di età superiore ai 50 anni soffra o abbia sofferto di periodi di insonnia. Tuttavia in quest’ultimo anno, a causa del COVID-19, questo fenomeno sembra riguardare anche le persone più giovani, in particolar modo le donne e chi ha problemi di salute. Un diffuso senso di ansia e paura, determinato dalla situazione di incertezza sanitaria e dalla preoccupazione per le conseguenze individuali, economiche e sociali di questo periodo, nonché le limitazioni della possibilità di muoversi, viaggiare e fare sport influiscono pesantemente sull’umore con ripercussioni anche sul sonno. Una conferma la possiamo trovare anche dai dati del Rapporto sull’uso dei farmaci durante l’epidemia COVID-19 pubblicato recentemente dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA): se il consumo di farmaci per le terapie croniche si è mantenuto costante, segno che anche durante il lockdown gli italiani non hanno dovuto rinunciare alle terapie farmacologiche che già seguivano, il consumo di farmaci per l’insonnia e l’ansia è generalmente aumentato. Le cause di questo incremento sono molteplici e vanno ricercate principalmente nella modifica della routine quotidiana, oggi definita da nuovi orari lavorativi, periodi di isolamento e riduzione dei contatti e della vita sociale. La permanenza in casa ha comportato un utilizzo maggiore dei dispositivi elettronici, sia per intrattenimento (televisione e videogiochi) che come mezzo di comunicazione, per lavoro o scuola. La sovraesposizione alla luce blu generata dagli schermi, specialmente nelle ore serali, può avere un impatto negativo sul sonno perché potrebbe alterare la produzione di melatonina. Inoltre, paradossalmente, se non è ben organizzato, lo smart-working potrebbe diventare fonte di stress, a causa della difficoltà di distaccarsi completamente dai compiti assegnati e della sensazione di essere sempre immersi nel lavoro. Venendo a mancare anche l’aspetto relazionale con i colleghi, il rischio di alterazione della serenità personale è concreto, con ovvie ripercussioni anche sulla qualità del sonno. Situazione analoga si può verificare anche per i più giovani con la didattica a distanza, una modalità che rischia di demotivare e deprimere lo studente, che quindi non solo potrebbe avere più difficoltà a seguire le lezioni e ad apprendere, ma potrebbe anche sentirsi sempre più solo e isolato per la mancanza dei contatti personali e delle relazioni con i compagni.

COSA FARE
Prima di ricorrere ai farmaci, che vanno sempre utilizzati sotto controllo medico, vale la pena provare a mettere in pratica alcuni semplici accorgimenti che potrebbero aiutare a controllare l’ansia e, quindi, a dormire meglio. Ad esempio, andare a letto e alzarsi alla stessa ora, anche durante i periodi di permanenza forzata in casa, evitando i sonnellini durante il giorno, contribuisce a regolarizzare il normale ciclo sonno-veglia. Oppure sforzarsi di praticare attività fisica con costanza e di mantenere un’alimentazione sana, mangiando cibi leggeri per cena ed evitando le sostanze eccitanti come la caffeina, l’alcol o la nicotina. Anche se si lavora da casa, è consigliabile non utilizzare il letto per lavorare, mangiare o guardare la televisione, ma riservare la camera al solo riposo notturno. Se proprio non si riesce a prendere sonno, rimanere sdraiati pensando al domani non può che peggiorare la situazione: meglio quindi alzarsi, leggere o guardare la televisione finché non ci si sente assonnati, e solo allora tornare a letto. Se l’adozione di questi provvedimenti di igiene del sonno non funziona, si può ricorrere ad uno dei rimedi naturali disponibili in farmacia. Quelli più utilizzati sono valeriana, camomilla, passiflora e melissa. Anche se il loro impiego è legato soprattutto alla tradizione, questi prodotti possono risultare soggettivamente efficaci e, soprattutto, hanno una buona tollerabilità e raramente causano effetti indesiderati. Questi rimedi naturali sono disponibili in gocce, compresse o tisane e specialmente queste ultime possono portare benefici perché il rituale stesso favorisce indirettamente il rilassamento e il sonno. Un altro rimedio naturale per favorire il sonno è la melatonina, un ormone secreto da una ghiandola posta alla base del cervello che, sulla base dell’alternarsi di luce e buio, regola il ritmo sonno-veglia. Alla sera, quando le cellule nervose della retina non vengono più colpite dalla luce, la produzione di melatonina aumenta, raggiunge il culmine durante la notte e scende al minimo alla mattina, rimanendo molto bassa durante il giorno. La melatonina è in commercio al dosaggio di 1 mg come integratore e al dosaggio di 2 mg a rilascio prolungato come farmaco su ricetta per il trattamento dell’insonnia nei pazienti di età superiore ai 55 anni. La melatonina si è dimostrata efficace nel ridurre il tempo di addormentamento e migliorare la qualità del sonno; le formulazioni a lento rilascio sono preferibili perché consentono di mantenere livelli adeguati durante tutta la notte, il che è particolarmente importante in quanto normalmente questo ormone viene eliminato molto velocemente dal nostro organismo. La sicurezza d’uso sul breve periodo (3 mesi) e il fatto che non causa dipendenza o sintomi da sospensione ne fanno uno dei prodotti più utilizzati. Nonostante ciò, la melatonina non deve essere assunta in gravidanza o allattamento poiché non si dispone di studi che ne confermino la sicurezza; è inoltre necessario valutarne attentamente l’utilizzo nelle persone che soffrono di depressione, convulsioni, disturbi neurologici ed insufficienza epatica. Quando anche i rimedi naturali non dovessero essere sufficienti per un sonno ristoratore, il medico potrà valutare la prescrizione di farmaci: i più utilizzati appartengono alla classe delle benzodiazepine o degli “ipnotici-Z” (cosiddetti Z-drugs).

 

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