A cura di Chiara Luppi e Claudia Della Giustina
Dietiste SIAN, AUSL Reggio Emilia
 
"E' strano, fino a ventanni fa nessuno sapeva cosa fosse il glutine, ed oggi siamo rimasti in sette a poter mangiare la carbonara!" Questa è una battuta, ma purtroppo non si discosta troppo dalla realtà: sempre più persone oggi scelgono un'alimentazione "ad esclusione", spesso senza che ve ne sia una reale necessità.

Allergie alimentari

Le reazioni avverse al cibo comprendono reazioni tossiche (o da avvelenamento), per esempio quelle causate dall'ingestione di funghi non commestibili, e reazioni non tossiche, che a loro volta si suddividono in allergie ed intolleranze.
Le allergie alimentari coinvolgono il sistema immunitario: sono infatti causate da anticorpi che reagiscono contro una o più proteine (i cosiddetti "allergeni") contenute negli alimenti scatenanti la reazione. I sintomi (prurito, orticaria, difficoltà di respirazione, gonfiore delle labbra, della bocca, ecc.) insorgono rapidamente, più o meno entro un'ora dall'ingestione del cibo allergizzante; per tale motivo solitamente sono facili da riconoscere.
Le intolleranze alimentari, invece, pur causando sintomi simili a quelli delle reazioni allergiche, non comportano il coinvolgimento del sistema immunitario. Si possono manifestare in diversi modi, ma i sintomi interessano prevalentemente l'apparato gastrointestinale: in genere gonfiore e dolore addominale, stitichezza o diarrea, problemi di stomaco, vomito; a volte la sintomatologia interessa anche la cute e le mucose con eruzioni cutanee, orticaria e prurito. Altre manifestazioni, pur se meno frequenti, possono coinvolgere anche l'apparato respiratorio, come ad esempio asma o lievi difficoltà di respiro. In generale si può affermare che la sintomatologia associata alle intolleranze alimentari è meno violenta rispetto a quella causata dalle allergie che, in casi estremi, possono portare anche al decesso del soggetto interessato. I disturbi, a volte aspecifici o sfumati delle intolleranze, fanno sì che queste possano essere sovrastimate o confuse con altre patologie.
Quindi, come riconoscerle? Vediamo le più frequenti.

Intolleranza al lattosio

E' causata da deficit di lattasi, una sostanza (enzima) che serve per digerire il lattosio. Può essere congenita se la carenza è presente fin dalla nascita, provocando diarrea grave e intrattabile, oppure tardiva (la più comune), se si presenta in età scolare o adulta.
Ne soffre circa il 3-5% della popolazione infantile e, fra gli adulti, una persona su due ha questo problema. I principali sintomi, abbastanza riconoscibili come dolore addominale, flatulenza e diarrea, sono correlati con l'assunzione di cibi contenenti lattosio (es. latte, formaggi freschi, panna...). La terapia consiste nella dieta ad esclusione, ovvero eliminare il latte e tutti gli alimenti contenenti lattosio

Favismo

E' causato dal deficit di una sostanza (enzima G6PD), normalmente presente nei globuli rossi ed essenziale per lo svolgimento delle loro funzioni. Il nome deriva dal fatto che, quando un soggetto affetto da questa carenza ingerisce fave, va incontro ad una improvvisa distruzione dei globuli rossi (emolisi) con comparsa di anemia emolitica e ittero. Anche in questo caso la terapia consiste nella dieta ad esclusione, ovvero vanno eliminate dalla dieta le fave, ma i soggetti affetti da favismo devono comunque prestare attenzione anche all'assunzione di legumi, soia, arachidi e alimenti contenenti mentolo.

Intolleranza al glutine

Si riconoscono principalmente due forme, la sensibilità al glutine non celiaca (non-celiac gluten sensitivity) e la celiachia.
Essere sensibili al glutine significa avere sintomi simili a quelli della celiachia senza esserne affetti. Al contrarlo della celiachia, infatti, queste situazione sembra essere transitoria e potrebbe risolversi dopo un breve periodo di alimentazione senza glutine.
La celiachia, invece, è definita come una "patologia cronica immuno-mediata" ed è causata dall'intolleranza permanente al glutine, una proteina presente in molti cereali di uso comune come frumento, farro, avena, kamut, orzo, segale, spelta e triticale. La sintomatologia è variabile: in genere interessa l'apparato gastrointestinale, con diarrea, dolori addominali dopo l'assunzione di cibi contenenti glutine (anche in piccolissime quantità), ma può presentarsi anche in forma sfumata con sintomi come mal di testa, amenorrea, dermatite erpetiforme e, nei bambini, scarso accrescimento.
La diagnosi di celiachia, nei casi in cui vi sia il sospetto, deve seguire un iter preciso che prevede esami del sangue ed indagini cliniche. Ad oggi la diagnosi di celiachia riguarda circa l'1% della popolazione, ma con tutta probabilità questa percentuale sottostima problema. Le donne ne sono affette in proporzione maggiore rispetto agli uomini. Ancora una volta la terapia consiste nella dieta ad esclusione: chi soffre di celiachia deve escludere dalla propria dieta tutti i cereali contenenti glutine, facendo attenzione anche ai piatti pronti e ai prodotti alimentari che acquista, in quanto tale proteina viene utilizzata nell'industria alimentare come additivo.

Come fare diagnosi di intolleranze?

L'iter diagnostico per affrontare le intolleranze alimentari è spesso lungo e tortuoso perché, a differenza delle allergie, a volte sì manifestano con sintomi aspecifici.
Per questo è sempre buona norma affidarsi ad uno specialista e non fare auto-diagnosi. Negli ultimi tempi infatti sempre più persone decidono autonomamente di alimentarsi con una dieta ad esclusione (senza glutine, senza lattosio, senza lieviti...) con la speranza di eliminare qualche leggero disturbo e, perché no, qualche chilo di troppo! Solo uno specialista tuttavia è in grado di svolgere un'accurata indagine sulle abitudini alimentari, fondamentale per individuare ed escludere, per i1 tempo necessario ad effettuare la diagnosi, i cibi che portano alla reazione avversa.
Una volta individuati i cibi che provocano l'intolleranza, sarà sempre lo specialista a formulare una dieta che li escluda così da eliminare la sintomatologia associata all'ingestione, senza però privare l'organismo di nutrienti importanti. Il paziente e i suoi familiari inoltre devono essere formati a riconoscere i cibi da eliminare attraverso un'adeguata educazione alimentare, che fornirà loro gli strumenti per individuare le diverse caratteristiche nutrizionali, insegnerà la lettura delle etichette alimentari e la gestione dei pasti fuori casa, al fine di evitare l'assunzione di cibi "incriminati", imparando a sostituirli in modo appropriato per non incorrere in carenze nutrizionali. La terapia dietetica supportata da una corretta educazione alimentare è, ancora una volta, la chiave della cura.