L'allergia alimentare è uno dei temi più controversi nel già controverso capitolo delle allergie. Nello stesso tempo si tratta di un problema di grande impatto sulla gente: è convinzione molto diffusa che un'ampia gamma di sintomi sia causata da ipersensibilità individuale a determinati alimenti o a sostanze in essi contenute, che questo avvenga con maggiore frequenza rispetto al passato e che i processi di lavorazione degli alimenti stessi abbiano qualcosa a che vedere con la loro comparsa. Queste convinzioni vengono, a volte, rafforzate e amplificate da stampa e mezzi di comunicazione creando un allarme spesso sproporzionato all'entità del problema. A ciò contribuisce anche una certa confusione creata dall'imprecisione della terminologia utilizzata. Il più delle volte il termine allergia alimentare viene usato genericamente per indicare qualsiasi reazione sgradevole che sia legata all'assunzione di alimenti. In realtà l'allergia alimentare vera e propria è un'evenienza molto meno comune di quanto non si creda. Si può parlare di allergia alimentare solo quando l'organismo di alcuni soggetti reagisce in modo anomalo, eccessivo ad alcuni alimenti o ingredienti, producendo anticorpi nei confronti delle sostanze che contengono. Quando il sistema immunitario non e' coinvolto si deve parlare invece più propriamente di intolleranza alimentare i cui sintomi sono spesso largamente sovrapponibili a quelli dell'allergia vera e propria.

Test diagnostici

La diagnosi di allergia alimentare è semplice ed immediata solo quando compaiono sintomi caratteristici, piuttosto severi, tanto da portare a visite urgenti subito dopo l'assunzione di un determinato alimento. Molto più frequentemente le cose non sono così lineari: se la reazione è ritardata, i sintomi sono variabili o incostanti, la diagnosi è più difficile.
Se il medico ritiene che i disturbi possano essere verosimilmente legati all'assunzione di qualche alimento, le procedure diagnostiche più ampiamente utilizzate per valutare la possibilità di una allergia alimentare sono rappresentate da test cutanei (Prick test) e da esami di laboratorio (es. Rast Tes,. CAP- System). Il Prick test viene eseguito ponendo alcune gocce di allergene sulla pelle che poi viene leggermente graffiata. La comparsa, entro 20 minuti, di gonfiore e arrossamento localizzato indica che vi è stata una reazione in risposta all'allergene alimentare testato. Quando non è possibile l'esame cutaneo (es. per la presenza di reattività cutanea estrema o di ansietà del paziente) o permangono dubbi, si può procedere ai test di laboratorio sul sangue, dove si ricercano un tipo specifico di anticorpi, le immunoglobuline E (IgE), utilizzando un metodo radioimmunologico (RAST test) oppure immunoenzimatico (CAP- System). Per diversi motivi questi test non andrebbero utilizzati a tappeto ma come conferma, in caso si sospetti un'allergia ad un determinato alimento e tenendo conto della storia personale. Infatti, se le sostanze valutate mediante test cutaneo sono numerose, è possibile la comparsa di falsi positivi, ossia il paziente reagisce ad una determinata sostanza anche se in realtà non è allergico nei suoi confronti, e si creano così preoccupazioni inutili. I falsi positivi sono possibili anche con i test di laboratorio: possono, infatti, essere presenti anticorpi nei confronti di alimenti che, in realtà, sono sempre stati tollerati oppure che hanno provocato allergia in passato, ma ora risultano tollerati. Inoltre, i test allergologici non sono indicativi in caso di intolleranze alimentari non mediate dagli anticorpi. Per alcuni alimenti le prove allergologiche devono essere ripetute periodicamente per verificare se la reazione immunologica dell'organismo si stia attenuando.
Se i test risultano positivi, ma i sintomi non sono chiari, per evitare restrizioni alimentari inutili soprattutto nei confronti di alimenti fondamentali, si procede all'esecuzione di un ulteriore test che è il test di provocazione orale, da svolgere in ambulatori attrezzati e con la supervisione di personale medico. Queste prove vengono eseguite somministrando ogni alimento sotto forma di gocce, capsule o pappine in modo da eliminare completamente la componente psicologica legata all'assunzione di una porzione di cibo vera e propria e si osservano eventuali reazioni che si sviluppano in seguito all'assunzione dell'alimento. Questo test permette di avere la conferma dell'effettiva allergia ad un dato alimento, che verrà quindi eliminato dall'alimentazione. Il test di provocazione viene anche utilizzato per valutare uno stato di tolleranza che il soggetto allergico abbia eventualmente conseguito nel tempo, quando i test allergologici cutanei o di laboratorio evidenziano una attenuazione della risposta immunitaria.
Meritano di essere menzionate anche le diete di eliminazione di cui sempre più spesso si sente parlare quando si affronta il problema delle allergie alimentari. La dieta di eliminazione si attua principalmente quando sono presenti patologie croniche, come eczema, orticaria o problemi gastroenterici. Tali diete consistono nell'eliminare per un certo periodo di tempo tutti gli alimenti sospetti e tutti quelli più comunemente responsabili di reazioni allergiche. La carne che provoca reazioni allergiche con minor frequenza è la carne di agnello, fra i cereali il riso, fra le verdure le patate, le carote e la lattuga, fra i frutti le pere, fra i grassi l'olio di girasole. In genere sono questi gli alimenti che costituiscono la dieta base. Se i sintomi migliorano, si procede alla reintroduzione graduale degli altri alimenti uno alla volta. Le diete di eliminazione comportano, se protratte a lungo, il rischio di carenze nutritive e pertanto devono sempre essere condotte con la supervisione di un medico.

Test non convenzionali

In questi ultimi anni hanno preso piede grazie ad abili campagne pubblicitarie promosse dai centri che li eseguono, alcuni test per scoprire allergie/intolleranze alimentari che si fondano su principi privi di alcun fondamento scientifico. Rientrano fra questi i seguenti test:
 
- il Dria test che si basa sul principio che l'assunzione per bocca dell'alimento a cui si è intolleranti provochi una diminuzione della forza di contrazione muscolare e misura di conseguenza la forza di contrazione muscolare del quadricipite femorale prima e dopo la somministrazione di gocce dell'alimento sospetto. Una diminuzione della forza di contrazione muscolare è indice di intolleranza nei confronti di quell'alimento.
 
- il Vega test che si basa sul presupposto che la resistenza elettrica della pelle misurata in un determinato punto subisca delle variazioni quando la cute è posta in contatto con cibi allergizzanti. Attraverso un particolare strumento viene misurata la resistenza elettrica della pelle prima e dopo il contatto con un alimento. Solo nel caso ci siano variazioni della resistenza l'alimento è ritenuto dannoso per la persona.
 
- il Test citotossico che si basa sul principio che i globuli bianchi del soggetto allergico quando posti a contatto con gli alimenti che causano allergia subiscono una modificazione della forma più o meno grave fino ad arrivare alla rottura. Perciò il sangue prelevato dai pazienti viene messo a contatto con una serie di alimenti e tramite un microscopio si osserva il comportamento dei globuli bianchi.
 
- La più recente novità infine è il York foodscan test che determina, attraverso un semplice prelievo di sangue, la presenza di particolari anticorpi, le immunoglobuline G (IgG), prodotte nei confronti di più di 100 alimenti. Secondo questo test la presenza di IgG è indicativo di intolleranza alimentare.
 
Queste tecniche oltre che essere molto costose, producono spesso un elenco infinito di falsi positivi che non fanno altro che creare restrizioni alimentari inutili e aggiungere disagio, stress ed ansia in chi soffre di questi disturbi, trasformando l'alimentazione in un incubo. Il consiglio quindi è di non farsi tentare da strani test che promettono risposte veloci e sicure ma che si rivelano del tutto inaffidabili. Solo l'allergologo saprà consigliare il giusto iter diagnostico da intraprendere.

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