È una possibilità da valutare quando si hanno problemi di cefalea quasi quotidiani e si stanno assumendo analgesici da lungo tempo. Se ne esce, ma non è semplice!

Nel cercare di alleviare il mal di testa a volte si eccede con i farmaci analgesici. Questo può perpetuare e persino aggravare il dolore causando la cosiddetta “cefalea da abuso di farmaci”, un problema spesso sottovalutato e di non facile soluzione una volta che si è manifestato.

Mentre è più che naturale pensare che il mal di testa induca ad assumere analgesici per cercare di alleviare il dolore, non è così scontato pensare che siano proprio gli analgesici a causare il mal di testa stesso. Il legame fra comparsa di cefalea e abuso di analgesici, sia da banco che da prescrizione, è un problema spesso non riconosciuto, nonostante le indagini condotte ci dicano che affligge circa l’1-2% della popolazione generale. Valutare l’incidenza del problema è difficile, anche perché lo sviluppo di una farmaco-dipendenza da analgesici e da farmaci antiemicranici è insidioso in quanto può instaurarsi lentamente e manifestarsi anche dopo anni. Il meccanismo attraverso il quale l’uso cronico di dosi elevate di analgesici può trasformare una cefalea primaria in una cefalea da abuso non è noto. In genere le più esposte al rischio di sviluppare questo tipo di cefalea sono le donne fra i 35 e i 60 anni con una emicrania o una cefalea di tipo tensivo di vecchia data che le ha indotte ad iniziare ad assumere analgesici e antiemicranici. Questa osservazione confermerebbe l’ipotesi che siano altri tipi di mal di testa a trasformarsi in cefalea da abuso; questo effetto, infatti, non si manifesta in chi assume analgesici per dolori diversi, ad esempio quelli dovuti all’artrosi. I sintomi che spesso accompagnano la cefalea da abuso comprendono nausea e altri disturbi gastrointestinali, debolezza, ansia, irritabilità, depressione, problemi di memoria e difficoltà di concentrazione.

QUALI SONO I FARMACI IMPLICATI?
Tutti gli analgesici, anche non specifici come l’aspirina, il paracetamolo o la codeina, possono indurre l’instaurarsi di una forma di abitudine quando utilizzati in quantità eccessiva (più di 15-20 giorni al mese) da pazienti affetti da emicrania o cefalea tensiva. Gli stessi triptani, classici farmaci antiemicranici, sono oggetto di segnalazioni sempre più frequenti di cefalea da abuso in pazienti che ne assumono oltre 10-15 dosi al mese. Lo stesso dicasi per le associazioni di analgesici con caffeina, barbiturici o codeina. Vi sono prove, inoltre, che nel tempo subentri una forma di tolleranza, cosicché chi li assume necessita progressivamente di dosi sempre più elevate.

QUALI SONO LE CARATTERISTICHE DISTINTIVE?
A differenza della crisi emicranica, in cui il dolore è pulsante e lancinante, nella cefalea da abuso di analgesici il dolore è diffuso, come un cerchio alla testa, variabile per tipo, gravità e localizzazione. Inoltre, la sua caratteristica distintiva è di essere quasi permanente: compare spesso la mattina presto, fra le 2 e le 5, con durata media di oltre 4 ore, per più di 15 giorni al mese. Anche il più piccolo sforzo, fisico o mentale, ne può causare l’aggravamento. Il dolore della crisi emicranica invece dura in genere da una a 48 ore, poi scompare spontaneamente, ripresentandosi a intervalli regolari, anche più volte al mese. La cefalea da abuso di triptani tende a svilupparsi più rapidamente rispetto a quella indotta dagli analgesici tradizionali (addirittura dopo solo 6 mesi di utilizzo continuativo ogni 2-3 giorni) con caratteristiche simili all’emicrania o con un possibile aumento della frequenza degli attacchi emicranici. La cefalea tensiva, infine, insorge di solito progressivamente, dura parecchie ore, a volte anche uno o due giorni e si ripresenta a intervalli più o meno regolari. A volte l’insorgenza diviene più frequente tanto da presentarsi più o meno costantemente. In questi casi la diagnosi differenziale con la cefalea da abuso può essere difficile.

COSA SI PUÒ FARE?
Poiché non si conosce il meccanismo attraverso il quale il problema si instaura, più che l’evidenza scientifica è l’esperienza a suggerire che questo tipo di cefalea può risolversi solo non assumendo più analgesici. Questo “divezzamento” comporta, per alcuni giorni dopo la sospensione, la possibile comparsa di sintomi spiacevoli, come un peggioramento del mal di testa, nausea, vomito, tachicardia, insonnia e ansia e, raramente, vertigini, allucinazioni e incubi. Perseverando, tuttavia, i disturbi tenderanno progressivamente a scomparire nell’arco di due settimane circa. Si tratta di un percorso non facile, che va affrontato con l’aiuto del proprio medico. I metodi per realizzare questo divezzamento da analgesici sono svariati: in alcuni casi il medico può decidere di procedere ad una riduzione progressiva del dosaggio nell’arco di un mese, in altri di ricorrere ad una ospedalizzazione di 8-15 giorni. Sono state proposte anche tecniche non farmacologiche, ma non esistono studi controllati che ne dimostrino l’efficacia. Alla sospensione definitiva dei farmaci si osserverà un miglioramento spontaneo del mal di testa: circa nel 70% dei casi si ottiene una diminuzione rilevante della frequenza delle cefalee (almeno del 50%). I pazienti che ottengono questo risultato devono, tuttavia, prestare molta attenzione per ridurre il rischio che il problema si ripresenti.

 

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