Da qualche tempo circolano, soprattutto attraverso internet, notizie sulla pericolosità del triclosan, un antibatterico presente in molti prodotti per l'igiene personale e domestica. Secondo queste informazioni, le manifestazioni della tossicità del triclosan vanno da ''irritazioni gravi della pelle, al collasso, alle convulsioni, al coma fino a causare il cancro''. Esistono in letteratura informazioni che possano fare un po' di chiarezza?
 
Il triclosan è un clorofenolo attivo su molti batteri, impiegato da tempo come antisettico e disinfettante. Viene utilizzato in alcuni paesi in concentrazioni fino al 2% per disinfettare le ferite, la cute e le mani. Si tratta di un antimicrobico molto diffuso anche in Italia in una grande varietà di prodotti di uso comune come saponi, deodoranti, detersivi per la casa e nei dentifrici e collutori per la prevenzione e il trattamento della placca e delle gengiviti. Nei cosmetici ne è consentito l'impiego ad una concentrazione fino allo 0,3%. Il triclosan agisce bloccando un enzima necessario per la crescita dei batteri e sono sufficienti piccole quantità per esercitare una spiccata azione antibatterica. Gli unici effetti indesiderati segnalati nell'uomo in seguito all'esposizione al triclosan sono casi di dermatite da contatto o irritazione cutanea.
Uno dei motivi su cui si basa l'attuale preoccupazione sulla sicurezza del triclosan è il fatto che la massiccia diffusione di questo composto antibatterico possa provocare un aumento della resistenza dei batteri ai più comuni antibiotici usati in campo medico, cosa che avrebbe conseguenze importanti soprattutto in ambiente ospedaliero. Questo effetto tuttavia non è mai stato dimostrato da estese indagini ambientali. Per ridurre il più possibile l'eventuale induzione di resistenze batteriche l'organizzazione europea dei consumatori invita comunque a non eccedere nell'uso di prodotti contenenti questa sostanza e di limitarne l'impiego quando l'azione disinfettante non è necessaria. Poiché ora è obbligatorio per legge indicare nelle etichette dei prodotti gli ingredienti in ordine decrescente di concentrazione, è possibile valutare se il triclosan è presente in un prodotto in concentrazione più o meno elevata e orientarsi così nella scelta.
Un ulteriore sospetto di pericolosità del triclosan sembra legato alla possibile formazione di diossina come impurità durante i processi di sintesi del prodotto. Nel corso di tali processi i quantitativi di diossina che si formano, pur se variabili, sono comunque sempre molto bassi e dipendono sia dalla purezza delle materie prime da cui si parte che dalle condizioni di produzione (es. la temperatura, la pressione in cui viene condotta la reazione). Questo rischio può essere minimizzato se nel processo produttivo vengono impiegate materie prime sicure e vengono effettuati adeguati controlli nelle varie fasi della produzione. La diossina però potrebbe anche formarsi per fotodegradazione del triclosan nelle acque di scarico urbane, dove finisce ogni residuo dei prodotti che lo contengono. Anche qui la formazione di diossina e derivati dipende dalle condizioni ambientali ad esempio di luce, temperatura e presenza di altri composti chimici e in ogni caso si tratta di piccole quantità a loro volta fotolabili e soggette ad ulteriori trasformazioni. L'estrema diffusione di questo composto è dimostrata infine anche dal ritrovamento di tracce di triclosan nei tessuti grassi dei pesci e persino nel latte materno, a conferma di come l'esposizione continua a concentrazioni anche molto basse possa portare all'assorbimento del prodotto anche negli organismi viventi.
Pur in assenza di conferme per questi rischi di tossicità, il problema è stato sottoposto al Comitato Scientifico per i prodotti Cosmetici della Commissione Europea che nel 2002 ha concluso che, in base alle evidenze cliniche disponibili, l'uso del triclosan nelle condizioni attualmente vigenti è sicuro e quindi per il momento non sono necessari nuovi limiti di legge o provvedimenti che impongano restrizioni di alcun genere.
Molti produttori si sono tuttavia impegnati ad eliminare o a ridurre il più possibile il triclosan ogni qualvolta ciò sia possibile. In questo possono essere di aiuto ad esempio le nuove tecnologie ed i nuovi confezionamenti come i contenitori hairless, completamente sigillati e muniti di un dispenser attraverso il quale fuoriesce il prodotto da utilizzare, mentre il resto viene protetto dal contatto ambientale determinando una minore proliferazione batterica, il che consente quindi di utilizzare un conservante in quantità decisamente più basse.