Le notizie che in questi giorni vengono quotidianamente riportate dai mass media hanno purtroppo creato una situazione generalizzata di timore, al momento del tutto ingiustificato.
 
Malattie di cui pochi conoscevano l'esistenza, come il carbonchio, o altre di cui ci si era ormai dimenticati (perché fortunatamente scomparse da tempo) come il vaiolo, sono ritornate improvvisamente come una minaccia incombente, destando allarme e preoccupazione del tutto infondati.
Ma cosa sono e come si manifestano queste malattie?
L'antrace (o carbonchio) è una malattia infettiva acuta provocata da un batterio (Bacillus anthracis) in grado di produrre una tossina che può essere letale. E' una patologia che colpisce molte specie animali (ovini, bovini, equini) che eliminano i bacilli attraverso le feci e le urine; i germi, giunti sul terreno, formano delle spore, forme in grado di sopravvivere per lungo tempo anche in condizioni ambientali sfavorevoli. Occasionalmente anche l'uomo può contrarre la malattia: o per penetrazione delle spore attraverso piccole lesioni cutanee o per via inalatoria con la polvere o per via orale attraverso alimenti infetti (carni poco cotte) o acque inquinate.
All'esposizione al batterio del carbonchio segue un periodo di incubazione variabile a seconda della via di trasmissione (cutanea, inalatoria, orale).
Il carbonchio cutaneo, la forma più frequente, viene contratto attraverso uno stretto contatto della pelle (che deve presentare lesioni) con prodotti derivati da erbivori infetti (pelle, lana, ossa e carne). L'infezione è facilmente riconoscibile ed è sensibile alla terapia con diversi antibiotici. Raramente è fatale. La malattia inizia con una piccola bolla pruriginosa, localizzata generalmente nelle parti scoperte, non dolente. In seguito la lesione si trasforma in una vescicola contenente un liquido giallo-rossastro. Alla rottura della vescica si forma una lesione nerastra circondata da un rigonfiamento (edema) duro e da un anello di piccole vescicole. Possono manifestarsi anche sintomi come febbre, cefalea, malessere. Dopo circa 20 giorni la crosta cade lasciando un tessuto cicatriziale.
Per via inalatoria si stima che occorrano dalle 8000 alle 50000 spore perché si manifesti la malattia. L'infezione può manifestarsi inizialmente come un comune raffreddore, con mal di gola e dolori muscolari, per poi peggiorare con sintomi più acuti come febbre elevata con brividi, mal di testa, tosse con sangue, dolore al torace, difficoltà a respirare. Questa serie di sintomi sono simili a quelli di una broncopolmonite. I sintomi della forma gastrointestinale comprendono febbre, nausea, vomito anche di sangue, dolori addominali, diarrea sanguinolenta, che può causare perforazione intestinale.
Il contagio da uomo a uomo può avvenire solamente nella fase conclamata e attraverso i fluidi biologici.
Dopo un eventuale contatto con le spore, gli antibiotici di uso comune come la ciprofloxacina, la penicillina, la doxiciclina, l'ofloxacina) sono in grado di impedire la manifestazione clinica della malattia. Vanno assunti per periodi prolungati, così da garantire che tutti i batteri che si sviluppano dalle spore possano essere uccisi.
 
Il vaiolo è una malattia virale acuta, contagiosa ed epidemica, fortunatamente già da diversi anni eradicata.
Il virus penetra per lo più per via respiratoria, ma è anche possibile la via digestiva, la via cutanea e la via transplacentare.
Da quando la malattia è scomparsa, la produzione del vaccino è stata sospesa e, attualmente, la popolazione mondiale sotto i 30 anni non è più vaccinata; d'altronde, non è chiaro se chi è stato vaccinato si possa ritenere protetto, dato che il vaiolo è un'infezione che lascia un'immunità duratura, ma non illimitata; ciò ha destato non pochi timori.
A differenza del carbonchio, il virus del vaiolo è poco resistente nell'ambiente esterno (circa 24 ore) per cui la dispersione tramite aerosol è poco probabile.
La malattia ha un periodo di incubazione di 12-14 giorni, in cui non si hanno sintomi particolari; successivamente seguono sintomi, che si protraggono per 2 o 3 giorni, quali brividi, febbre alta, cefalea, prostrazione, nausea, vomito, dolori alla schiena, talora una lieve manifestazione cutanea (esantema). Per lo più al quarto giorno dall'inizio delle manifestazioni, inizia il periodo eruttivo vero e proprio: l'esantema diviene più evidente nel viso e nelle estremità. La febbre diminuisce rapidamente mentre compaiono delle macchie cutanee rosse, che si trasformano in caratteristiche vescicole. Intorno all'ottavo, nono giorno il contenuto delle vescicole cutanee si trasforma progressivamente in pus (periodo suppurativo) mentre la cute circostante si può gonfiare (edema) e le condizioni generali appaiono seriamente compromesse.
Segue un periodo di essiccamento e di caduta delle croste che in genere comincia verso il dodicesimo giorno di malattia: l'edema scompare e le pustole si ricoprono di una crosta brunastra che cade dopo 7-10 giorni, lasciando una cicatrice. Le lesioni causate dal vaiolo potrebbero essere inizialmente confuse con la varicella: vi sono tuttavia caratteristiche distintive fra cui la distribuzione che, nel caso del vaiolo, è prevalentemente al viso e alle estremità, mentre nel caso della varicella è soprattutto a livello del tronco.
La malattia è molto contagiosa e si trasmette anche attraverso le lesioni e le secrezioni della pelle.
La prognosi del vaiolo umano è sempre riservata. Non esiste una terapia specifica per il vaiolo e la vaccinazione, anche dopo l'esposizione, è l'unico mezzo per una protezione efficace.
 
Il Ministero della Salute, per far fronte alla situazione di allarme che si è venuta a creare, ha inviato recentemente alle Istituzioni sanitarie ed ai medici un piano contenente tutte le istruzioni per attuare una sorveglianza delle situazioni di rischio, anche teorico, di malattie infettive ed ha disposto l'attivazione di un numero verde (800 571661), a cui cittadini ed operatori sanitari potranno rivolgersi, in caso di necessità, per ricevere informazioni ed indicazioni sulle strutture di consulenza.